“L’unico consiglio che mi sento di dare – e che regolarmente do – ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s’ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio.” La celebre frase è di Indro Montanelli e tenetela bene a mente, perché il protagonista della nostra storia ha più che un legame con la figura del grande giornalista italiano del ‘900. Il giovane in questione è Federico Bini, un ragazzo di 28 anni di Bagni di Lucca che all’attivo ha una laurea in giurisprudenza, ma soprattutto un bagaglio culturale da far invidia a tanti che possiedono sulle spalle molte più primavere di quante non ne abbia lui. Descriverlo non è opera semplice, ma per favorire il lettore possiamo inserirlo tra quella schiera di giovani che hanno seguito moltissime passioni non consone ai suoi pari età. La politica, le letture quotidiane, l’informazione e soprattutto la scrittura, una nobile forma d’arte che lo ha portato negli ultimi anni a grandi avventure lavorative, riuscendo a pubblicare una serie di libri di altissima qualità. Ma prima di arrivare a ciò, è lecito fare qualche piccolo passo indietro e capire quando sono scattati in Federico quel sentimento e quella scintilla che hanno arso il suo cuore di passione per lo scrivere.
“La mia passione per la scrittura nasce in quarta ginnasio quando ebbi l’onore e l’occasione di poter conoscere casualmente il Prof. Paolo Razzuoli, animatore del sito Fucinaidee, che da allora divenne il mio grande maestro e amico di vita. Ma la passione vera si è accentuata in prossimità della prima liceo quando ho avuto la fortuna di conoscere colui che sarebbe diventato il mio faro, la mia guida e il mio stile di vita ed eleganza: Indro Montanelli. Un maestro che chiunque voglia fare giornalismo deve leggere per capire genialità, prosa e intelligenza”.
Bastano queste semplici parole per capire come Federico sia stato folgorato grazie all’esempio di un modello vicino, come quello del Professor Paolo Razzuoli, e del passato, come l’illustre Montanelli. Individui che hanno dato nel giovane Bini la spinta per seguire la sua intima passione per la scrittura. Al fianco di quest’ultima, muovendosi passo passo con lei, anche la politica ha riempito l’animo e la testa di Bini, divenendo poi il tema principale di quelle che sono finora le creazioni letterarie da lui pubblicate. “La politica nelle mie opere riveste un ruolo centrale perché purtroppo io non posso vivere senza nutrirmi di essa. Ho un grande amore verso la persona che mi sta vicino, ma la politica è un amore eterno, sconfinato, nata dentro di me prima ancora che nascessi. Quando ero ragazzino a Bagni di Lucca, prima di entrare alla scuola Media Matteo Trenta passavo dall’edicola per comperare: Il Corriere della Sera, Libero (per leggere l’editoriale di Feltri) e il Giornale (per affetto verso la grande opera compiuta da Montanelli). De Gasperi in una bellissima lettera dal carcere fascista nel’27 scrisse alla moglie: ‘Ci sono molti che nella politica fanno solo una piccola escursione, come dilettanti, ed altri che la considerano, e tale è per loro, come un accessorio di secondarissima importanza’. Ma per me, fin da ragazzo, era la mia carriera o meglio la mia missione”.
Leggendo quotidianamente, il giovane di Bagni di Lucca, ha quasi avidamente fatto incetta di nozioni, di conoscenze che gli hanno permesso di apprezzare con più profondità e spessore alcuni personaggi del 1900, il secolo che più di ogni altro ha fatto breccia nel ragazzo toscano. Alcuni di essi sono divenuti poi protagonisti di talune delle sue opere, altri invece sono – ancora adesso – una fonte d’ispirazione continua, una sorgente a cui affidarsi a mani aperte. “I personaggi che hanno ispirato i miei lavori sono uno in particolare: Indro Montanelli perché per me rappresenta l’insieme di tante qualità: intelligenza, battuta pronta, cultura, eleganza, stile, capacità di scrittura e poi quel carattere “toscanaccio” che ne fa un personaggio unico ed inimitabile. Lui è riuscito a conquistare il mio cuore grazie alla sua vita avventurosa, e pur avendo vissuto “mari in tempesta” (come dice il mio amico G. Mazzuca) ha sempre tenuto la schiena dritta e non si è mai piegato a niente e nessuno. Tanto che il ritornello dei suoi ultimi anni di vita era: ‘Mi toccherà portare nella tomba le due cose che più ho amato, il mio paese e il mio mestiere’. Montanelli è un personaggio complesso, va studiato e letto bene ma alla fine non si può non amare e apprezzare per come ha vissuto e raccontato da protagonista il ‘900 italiano di cui è uno dei più grandi eredi. Poi ci sono figure principali che ispirano la mia vita e le mie opere come Alcide De Gasperi, un rigido trentino che seppe farsi amare da un popolo travolgente come quello italiano, Luigi Einaudi, uno dei grandi padri di quel poco di buon liberalismo che abbiamo avuto in Italia e infine la donna più straordinaria degli anni ’80, Margaret Thatcher, la cui vita può essere riassunta in una sola battuta: ‘Non sono stata fortunata, me lo sono meritato’ “.
Oltre a quanto abbiamo detto, Bini è un cultore dell’Italia di Provincia, un neologismo a lui caro e che ben rappresenta quelli che sono i suoi ideali. In questa definizione ci rientra tutto un bagaglio di ricordi, di sapori, di tradizioni e di pensieri ormai antichi, che rischiano di non resistere alla forza d’urto di un tempo attuale che tutto cancella in nome dell’arida modernità. Tutto questo sentimento, questa cavalleria e il pensiero liberale sono motivi che spesso ricorrono nei suoi libri. “Guardi, spesso mi definiscono conservatore. Ma la mia definizione esatta è di liberal-conservatore. Io cerco nei miei studi di far conciliare questi due grandi filoni di pensiero creandone una sintesi. Io sono un liberale perché amo profondamente la libertà, di pensiero, di mercato, di espressione, la proprietà privata e l’iniziativa individuale. Per me un individuo deve farcela da solo e non con l’aiuto dello Stato. Lo Stato deve mettere nelle condizioni l’individuo di realizzare i propri sogni e progetti. E questa è la grande novità e sfida che una certa classe politica di oggi dovrebbe perseguire. Proprio seguendo l’esempio di M. Thatcher. Del conservatorismo apprezzo il tentativo di non perdere le radici cristiane dell’Europa dei popoli, la tutela delle tradizioni, dell’ambiente, delle radici storiche, dei borghi di montagna, insomma di quell’Italia di provincia spesso sconosciuta ma che è forza vitale e trainante del modello italiano per qualità, bellezza e generosità”.
La sua opera magna è attualmente “Montanelli e il suo Giornale”, un libro che rappresenta una sfida, costata tempo e sacrificio. Un lavoro di anni, che lo ha visto spostarsi su e giù per lo Stivale italiano alla ricerca di quei protagonisti che hanno lavorato con lo stesso Montanelli, per dare un profilo coerente e veritiero di quella che fu una grande avventura a tinte tricolore. Dopo di esso ha dato vita ad altri interessanti libri, il più recente vede Bettino Craxi – altro grande protagonista della scena politica italiana di fine ‘900 – come assoluto protagonista. “Il libro su Montanelli è nato un po’ casualmente. Il 1° giugno 2016 ero in Via Negri (sede del Giornale) ad intervistare Gian Galeazzo Biazzi Vergani, presidente del quotidiano, perché volevo ritrarre i grandi giornalisti del ‘900, ma sentendomi raccontare così tanti aneddoti su Montanelli e la nascita del Giornale dissi: “Federico stai sbagliando lavoro. Racconta quella grande impresa di libertà”. Lavoro durato cinque anni di studi, ricerche e viaggi. Ma ne è valsa la pena! Tra l’altro le svelo un segreto. Il titolo del libro ‘Montanelli e il suo Giornale’ (Albatros editore) è nato a Bologna in un pranzo con G. Mazzuca che di Montanelli fu vicedirettore alla Voce, amico e biografo. Il libro su Craxi, ‘Un passo dietro Craxi’ (Edizioni We) è un piccolo approfondimento che ho fatto parallelamente ad un altro libro che sto scrivendo ed uscirà a settembre sugli anni ’80 della politica italiana che hanno visto Craxi come un leader capace di imporsi con pregi e difetti”.
Federico Bini è una fucina di idee instancabile e nonostante le pubblicazioni degli ultimi tempi, ha in cantiere ancora altre sorprese, che saranno sicuramente di assoluto pregio: “I miei prossimi lavori sono un po’ collegati e un po’ scollegati fra di loro, ma hanno sempre al centro la storia, che è una mia grande passione. Un libro che sto scrivendo riguarderà l’evoluzione della Repubblica italiana dal ’46 ad oggi, un secondo libro sul grande capitalismo e infine il terzo è un omaggio a Montanelli. L’ultimo saluto prima di diventare grande e andare oltre la scrittura e gli amori giovanili. Anche se sono sicuro che da Montanelli non mi separerò mai. Terminato questo ciclo di bellissime e faticose avventure, le dico in anteprima che lascerò il mondo della scrittura. Non mi chieda il perché. Ma dietro ogni rinuncia c’è comunque – sempre – una grande sofferenza. E Montanelli lo sapeva bene…”. Ma non crediamo che si tratti di un addio, piuttosto di un sentito arrivederci con la speranza di tornare a vedere un giorno, sugli scaffali delle librerie d’Italia, un nuovo libro di Federico Bini, un uomo dalle infinite passioni.