L’Elzeviro del Maestro: un Coccodrillo postumo per Ezio Bosso

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L’Elzeviro del Maestro: un Coccodrillo postumo per Ezio Bosso

L’Elzeviro del Maestro: un Coccodrillo postumo per Ezio Bosso

di Andrea Colombini

In linguaggio giornalistico, il Coccodrillo è quel pezzo di ricordo, di commemorazione, di un grande personaggio appena scomparso, pezzo che il giornalista incaricato scrive anche parecchio tempo prima dell’augusto decesso acciò di averlo pronto lì, precotto, come una busta di Quattrosalti in padella da fare all’ultimo e per forza, in condizione di gran rapidità operativa.

Nel mio caso, non avevo scritto propriamente un coccodrillo per il compianto Ezio Bosso, recentemente e prematuramente scomparso, ma solo perché non lo avevo materialmente composto dattilograficamente. Lo avevo in testa, lo ruminavo.

L’occasione giunge ora mestamente propizia. Quindi lo enucleo e so di non farmi ulteriori simpatie con quello che sto per dire.

Innanzitutto, un motto: “Ogni Morte di Uomo mi diminuisce” dice “Per chi suona la Campana” di Ernest Hemingway. Quindi la Morte, specie di un Artista, deve essere lugubremente salutata come evento infausto per eccellenza. Visto che, come dice un tal Giuseppi che noi Italiani adesso ben conosciamo, gli Artisti ci danno tanto, ma tanto divertimento.

Il caso di Bosso merita per me una disamina che va al di là del dolore per la scomparsa di un uomo. Un uomo immensamente provato dalla vita, da malattie cattive come poche possono esserlo, da esistenze minate nel profondo e che non possono che trovare conforto nella frase per cui gli Dei fanno morir giovane un grande Artista perché lo vogliono vicino a sé al più presto.

Magra consolazione: l’entusiasmo con cui Bosso parlava di Musica e con cui Bosso toccava il pianoforte, eseguendo le sue musiche, parlando di come egli vedesse la Musica, la sentisse e la percepisse, ci facevano capire il profondo attaccamento che Egli aveva alla Vita e per la Vita. Egli voleva vivere, nella Musica, ed esprimeva se stesso con e nella Musica.

E fin qui niente da dire. Il coccodrillo potrebbe e forse dovrebbe esaurirsi qui. E mi amereste alla follia.

Ma poi ci sono certi aspetti che adesso, pria che l’erbe inaridisse il verno direbbe Leopardi, vorrei sottolineare. Con sofferenza ma con necessità. Quindi non mi amerete forse più.

Innanzitutto il fatto che Bosso – della cui arte pianistica non posso e voglio discutere, poiché egli era e rimane un pianista ed io non son degno a questo effetto di legargli i legacci dei sandali, vista la mia sola quinquennale frequentazione con lo strumento, anche se di interpretazione qualcosa posso dire ma non delle Musiche di Bosso che non conosco – fino al 2013 fosse né più né meno sconosciuto e mi si scusi ma è apodittica evidenza.

Egli assurse a fama forse e glielo auguro imperitura allor quando la Vita gli si ritorse contro. Per quel perverso meccanismo da circo, tipico dello show business in cui Bosso inaspettatamente entrò, per cui chi soffre, chi “ha meno” degli altri, chi è sfortunato, automaticamente diviene un divo, una star, un degno di attenzione, un esempio. Ogni cosa che fa diviene benedetta da Dio, ogni cosa che dice diviene sentenza passata in cosa giudicata. E questo io non lo tollero, né per Bosso né per altri viventi o meno coinvolti in questo perverso gioco alla meno. E ce ne sono, uh sa dio se ce ne sono.

Non era un virtuoso del Pianoforte, quindi come pianista Bosso fu dimenticabile e nessuno può contestare questo giudizio, almeno connesso al grande e consolidato repertorio.

Le sue Musiche, anche quelle composte per i film di Gabriele Salvatores, sono come la grigliata di pesce ratto: possono piacere e non piacere. C’è a chi piacciono, quindi figuriamoci se noi ci permettiamo un giudizio di estetica musicale, ci mancherebbe altro.

Il suo eloquio verbale “musicale”, pur negli ultimi tempi impedito da difficoltà di espressione notevoli dovute all’avanzata della maledetta malattia degenerativa, era splendido nell’entusiasmo. Meno splendido nella precisione e correttezza di certi suoi assunti, su cui musicologi e docenti di storia della Musica avrebbero molto da ridire. Ma lasceremo il compito a Loro, io dico che l’entusiasmo giustifica molto, anche dire che la Settima di Beethoven è una “sinfonia di pace”…Vuol dire che ci si fa trasportare dall’atmosfera aulica dell’Allegretto, di parte di esso: il resto della sinfonia, e basta ricordarsi che Beethoven la scrisse sull’entusiasmo della vittoria degli Alleati a Lipsia contro Napoleone e la presentò parimenti nel 1813 insieme alla sua opera gemella, quella chiassata della “Wellingtons Sieg”, la Vittoria di Wellington (pasticciaccio brutto che celebra le vittorie del Gran Generale Britannico nella Guerra di Spagna sempre contro il Mostro dell’Eroica, Napoleone), è una sinfonia di Guerra, dove lo spirito di Yorck Von Wartburg e della rinascita Prussiana è palpabile…Ma tant’è, a Bosso si perdona tutto. Lui la vede una sinfonia di Pace, c’ha accanto Gino Strada e cosa gli vogliamo dire?

Ma quando vuole dirigere, il gioco si fa duro ed i duri cominciano a giocare.

Dirigere non è uno scherzo, non è un automatismo, non è una giullarata anche se può sembrare,  non è cosa facile, manco se la tua orchestra è fatta di grandi, assoluti nomi della pratica orchestrale italiana, una Maserati per un cultore di auteveicoli. Lo so dopo 27 anni di mattonate prese in faccia ma di tanta esperienza e di pratica assoluta, con orchestre non così titolate ma che io non cambierei con quella di Bosso, si badi. Ma Bosso guida una Maserati di orchestra.

Dobbiamo però specificare che non è comunque facile guidare un Maserati Biturbo. Anzi, con un Maserati sotto le terga, ti si perdonano pochi errori di guida, appunto perché il mezzo che hai a disposizione non è un mezzo qualsiasi.

Il nostro Bosso l’ho visto più volte, in TV, presentare, avocare, descrivere con entusiasmo (e fin qui, tutto ok, sette più anzi otto) la Quinta e la Settima Sinfonie di Ludwig Van Beethoven, con una orchestra – credo fosse la Sinfonica di Cremona o giù di lì, comunque una star orchestra con tutti signori strumentisti, taluni di valore davvero mondiale – di primissimo ordine. Una Maserati, biturbo o no, non saprei con certezza.

Il risultato è stato non all’altezza degli sforzi di Bosso, del suo entusiasmo, della sua cometa di gloria nell’effimero mondo musicale Italiano. E per limiti tutti del guidatore, niente da imputare alla Maserati ed ai suoi ruggenti cilindri.

Sezioni scollate tra di loro, fraseggio parimenti scollato (ovvero con una over-enfatizzazione delle pause tra una frase e l’altra per cui tutto il discorso risulta frammentario e soprattutto scevro da quello che Beethoven, come ogni grande nella Musica, salvaguardia primariamente. Ovvero il Canto, la Melodia, La Voce dell’Uomo prima che degli strumenti. E quando un direttore non ha il senso del “canto”, del fraseggio, del sapere come portare “avanti” una frase, non farla stagnare in piccoli pezzi ma darle una quadratura ed un senso di armonia e melodia che si fondono, son problemi seri! E Beethoven, in due capolavori come la 5° e la 7°, ti dà spunti sovrumani per esprimere queste possibilità…), cambi bruschi di tempo, NON INDICATI dall’autore né tantomento giustificati da una logica interpretativa, specie in un Gigante preromantico quale Beethoven è, resta e rimane. E soprattutto, e qui la Maserati si incatricchia perché il guidatore non cambia bene, un’orchestra che parte con un metronomo e dopo 4 battute, non per scelta ma per inerzia del gesto del direttore (che si è quindi già espresso male sin dalle prove, poi si prosegue in performance), è a 4/8 tacche di metronomo meno e rallenta sempre di più, con il direttore, zuppo di entusiasmo fanciullesco (ne so qualcosa, faccio uguale ma apro bene le orecchie e stresso i miei musicisti sulla tenuta RITMICA di un pezzo…Lì si gioca tutto, li rompo le scatole al parossismo, con il braccio sinistro che inizia a roteare come fosse la lingua che parlasse), che sembra non accorgersene.

Forse – ipotizzo –  perché troppo impegnato a far vedere a tanti amici, convenuti televisivamente a osannarlo (sto parlando di una trasmissione televisiva di credo tre anni or sono, da cui poi prese il via un tour di concerti in tutta italia in cui il nostro e la sua orchestra si esibivano in quel repertorio e altre facezie, trasmissione in cui tutto il gotha del mondo sinistrorso caviar-gauche peraltro, veniva a parlar con Bosso – loro una frase a testa, lui una conferenza), la gioia del far musica, il senso di potere intrinseco nel levar il braccio e sentire il suono che si espande potente e così via? Bo, mistero.

Che poi se ti fermi un attimo ti rendi conto che quel che Bosso dice  sono gli stessi discorsi che fa Allevi, solo che Allevi non ha menomazioni o mancanze evidenti. Diciamo che Allevi talora sembra scemo, non risulta né simpatico né stimola amore e affetto grandi e fermiamoci qui. Ma i discorsi sono gli stessi.

Il problema, però, è il suono.

L’orchestra inesorabilmente rallenta, e si sente, ed è penoso. Il brutto è che è lì, filmato, documentato. Il mio giudizio è frutto di testimonianza diretta. L’ho rivisto 8 volte, facendomi strazio, pur di esser sicuro al 300% di ciò che stessi ascoltando. Penoso.

Soprattutto è imperdonabile: ti perdono volentieri, come scelta interpretativa, che tu acceleri e rallenti – non “rubi” ma lo fai per intere frasi – in modo assolutamente arbitrario e contro non solo la lettera ma contro lo spirito del pezzo che stai eseguendo. Ti perdono perfino che tu chiuda la 5° Sinfonia con fare autoritariamente deciso e l’orchestra, dopo il tuo gesto, chiude un quarto dopo. Ti perdono il gesto amplio e teatrale (io ce l’ho e so che sul podio è parte del prodigio, quindi perdonabilissimo nonché incalcolabile).

Ma il fatto che tu non faccia in modo che l’orchestra mantenga la stessa scansione ritmica, ovvero evitare che il Maserati perda colpi e rallenti, no, quello no. Quello è UN FONDAMENTALE e  se non si sanno i fondamentali, puoi essere pure Paderewsky (e non lo fosti) ma non puoi giocare a Basket (ovvero non puoi dirigere). E ce ne sono a tonnellate di grandi strumentisti che, direttori a tutti i costi – suono bene il violino, ti pare che non possa dirigere? Risposta: NO –  sul podio hanno fatto grandissimi arrosti, quindi Bosso fu in ottimissima compagnia, pur non essendoci adesso più.

E la Morte non lenisce il brutto ricordo che Bosso lascia, almen per me, in questo frangente.

Quindi, che la terra ti sia lieve. Poiché la tua musica ed il tuo spirito erano lievi. Ma che la bacchetta per te fosse troppo pesante fu ben troppo evidente. Forse era meglio evitare, anche se lo show business volle anche quell’estremo sacrificio.

R.I.P.