Diego Fusaro incontra Lucca, tra nuove idee politiche e culturali

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Diego Fusaro incontra Lucca, tra nuove idee politiche e culturali

Diego Fusaro incontra Lucca, tra nuove idee politiche e culturali

 

Diego Fusaro ha presentato a Lucca il suo libro, Glebalizzazione. Come luogo di incontro e confronto con i lettori e gli appassionati, ha scelto la sede dell’orchestra Filarmonica di Lucca. Impeccabile padrone di casa Andrea Colombini, direttore del Festival Puccini e la sua Lucca, che ha coordinato i diversi momenti della serata, incluso l’incontro di Fusaro con i giornalisti. Alla serata era presente anche il ‘quartier generale’ di Vox Italiae, con Veronica Colaianni. Il risultato dell’incontro è stato un successo di pubblico e di interesse, nell’ambito di un evento privato organizzato da Vox Italiae Lucca in collaborazione con la libreria Ubik.

Il programma del partito Vox Italiae, fondato da Fusaro, è tutto nella sua concezione non prettamente ‘partitica’ all’italiana. Fusaro dice che il suo è l’unico partito filosofico che ci sia in Europa, un partito presocratico.« Salvini e Zingaretti hanno la responsabilità di non avere una visione culturale, noi andiamo oltre le dicotomie, oltre destra e sinistra. Queste sono due propaggini dell’ordine liberista, lo legittimano contrapponendosi. Noi invece siamo un partito socialista, sovranista e populista, che pensa che la sovranità si possa ritrovare solo nel popolo».  Gli ho domandato come mai Pasolini sia uno dei suoi intellettuali di riferimento. « Ho un debole per Pasolini. Ha fotografato meglio di altri il genocidio culturale che la globalizzazione ha determinato, in una mostruosa cifra barbarica che è il consumo». Pasolini in tempi non sospetti aveva inquadrato il nuovo potere globalista come «il più violento e totalitario che ci sia mai stato: esso cambia la natura della gente, entra nel più profondo delle coscienze». E non è un caso se si era spinto a parlare di «genocidio culturale». Mascherandosi da multiculturalismo (come riproposizione infinita dello stesso modello politically correct?) la civiltà globale in cui viviamo, sostiene Fusaro, non accetta differenze. Esiste un unico profilo consentito, quello del consumatore sradicato, indistinguibile dagli altri, senza identità né spessore culturale. Per usare le parole di Fusaro, “il globalismo si fonda su un’inclusione neutralizzante, e in nome del mercato unificato, opera affinché ogni ente si muti in merce liberamente circolante, senza frontiere politiche e geopolitiche, morali ed etiche, religiose e giuridiche”. In quest’ottica distorta, ogni tradizione è sacrificata sull’altare del finto progresso turbocapitalista, che vuole «non popoli radicati nella loro storia e nella loro terra, né soggettività dall’identità forte e capaci di opporre resistenza, bensì consumatori dall’io minimo e narcisista, con identità liquide, gadgetizzate ed effimere». Acquirenti indistinti cui vendere ovunque la stessa illusione. Come possiamo opporci a quest’imperante «eterofobia»? Recuperando e difendendo il valore della nostra identità, che si definisce solo nel dialogo con le differenze dell’altro.

Fusaro invita anche a recuperare il “tempo perduto”: «dobbiamo riappropriarci delle nostre radici; rieducarci – e rieducare soprattutto i più giovani, condannati a un futuro precarizzato che rischiano di accettare supinamente – al “sogno di una cosa”, come diceva Marx. All’immagine di un futuro meno indecente di quello che ci vede solo come merce tra le merci.»  Ma questa difesa dell’identità e delle radici, non rischia di risuonare, ai meno attrezati culturalmente, come un lessico intollerante? «Amare, difendere e valorizzare la propria identità non significa, ovviamente, disprezzare, offendere e denigrare l’identità altrui. Significa, anzi, rispettare tutte le identità, a partire dalla propria. Chi negasse quelle altrui, starebbe per ciò stesso negando anche la propria. Analogamente, chi negasse la propria identità, non potrebbe davvero rispettare nemmeno quelle altrui. Ne segue che il pericolo per l’identità – propria e altrui – non è rappresentato da quanti ancora dispongano di un’identità, vuoi anche di un’identità fortissima, bensì da coloro i quali, non avendone una, non possono realmente rispettare l’identità in quanto tale e, di conseguenza, aspirano alla disidentificazione universale, alla polverizzazione di ogni identità. Il nemico è, ancora una volta, non il portatore di identità forte e diversa, ma il nichilista, nel cui profilo disidentificazione e omologazione consumistica si capovolgono l’una nell’altra».

Per un verso, la mondializzazione secondo Fusaro annichilisce le differenze e le identità non coerenti con il suo ordine, come quelle linguistiche e culturali, connesse con le tradizioni e con le forme di vita non ancora colonizzate dal neutro della forma merce. Per un altro verso promuove e produce identità e differenze ‘liquide’ e gadgettizzate che sono il raddoppiamento simbolico della società reificata, l’esito dell’avvenuto” impadronimento del mondo della vita da parte delle pratiche dell’onnimercificazione”. «Ciò vale secondo uno spettro che si estende dagli united colors dei consumatori seriali alle sfilate fintamente policrome dei gay pride e delle folle solitarie dei consumatori capricciosi», continua.  «Ne offrono un fulgido esempio le pubblicità che mostrano i bambini con il colore diverso della pelle, provenienti da differenti aree del pianeta, e poi vestiti tutti immancabilmente con gli united colors della medesima marca e dei medesimi capi d’abbigliamento». Nelle idee politiche fusariane ci sono diversi riferimenti. C’è Costanzo Preve e Karl Marx, il filosofo che teorizzava il superamento della dicotomia destra-sinistra pubblicando con case editrici di estrema destra. Che tipo di sfida politica si immagina Fusaro, per il futuro? «Il nostro motto è valori di destra e idee di sinistra proprio per sparigliare le carte. Noi rivendichiamo appieno le idee della sinistra classico-marxista, non quella ‘fucsia’ e arcobaleno, ma quelle di sinistra ‘rosse’, che hanno a cuore lavoro, diritti sociali, lotta per l’emancipazione, solidarietà. Rivendichiamo appieno anche i valori di destra della borghesia: la religione, la trascendenza, il senso della patria, il senso dell’appartenenza a un’identità.»