Lodevole aver approfondito il periodo barocco, e quello antecedente, attraverso il diploma di clavicembalo
È stato un percorso che mi ha arricchito molto, che ha ampliato la mia formazione di interprete. Lo studio del clavicembalo e del suo repertorio è per me innanzitutto un bagaglio culturale e professionale importante, ma l’esperienza maturata nell’ambito della musica antica ha dato anche un contribuito significativo al mio modo di approcciarmi ed interpretare il repertorio pianistico, poiché mi ha fornito strumenti di lettura ulteriori, che mi sono serviti molto.
Un ritorno al passato che senza dubbio ti è servito per analizzare la musica dei nostri giorni
La conoscenza della Storia, il mettersi in relazione con essa – con senso critico e studio rigoroso -, è un aspetto da cui ogni interprete non può prescindere. La Storia da cui proveniamo, la coscienza che tutto quello che oggi facciamo rappresenta una naturale continuità con la musica del passato permette di interpretare meglio la musica d’oggi – di cui mi sto occupando sempre più regolarmente – nutre il pensiero creativo dell’interprete, lo libera-stimola-rinnova, permette di sperimentare-indagare-scoprire nuove possibilità espressive, in ogni tipo di attività musicale, didattica, compositiva e, come nel mio caso, concertistica.
A un certo punto hai deciso di dedicarti alla musica contemporanea
Non mi piace sentirmi definire specialista di musica contemporanea. Mi interessa la musica tutta, tant’è che continuo a lavorare anche su repertori classici. Negli ultimi anni la musica contemporanea ha però occupato un posto di riguardo nella mia attività e tante sono state le occasioni di realizzare i miei progetti intorno ad essa. Mi piace scoprire autori non noti, opere inedite o poco eseguite, lavorare su composizioni più rare, meno frequentate e di evidente interesse culturale. Provo grande soddisfazione nel sentir fiorire tra le mie mani l’esecuzione di musica scritta per me o di musica di autori viventi con cui mi piace entrare in relazione. In questo modo ho avuto la fortuna anche di far nascere rapporti umani significativi, amicizie vere e stimolanti.
In particolare ti sei occupata recentemente della musica di compositori toscani del secondo novecento
Sì, negli ultimi due anni la letteratura toscana è stata al centro del mio interesse. Nel 2017 ho pubblicato un cd per Ema Vinci Records – ‘Intorno a Firenze nel secondo ‘900’ – con musiche di quattro autori che fanno capo alla realtà fiorentina del secondo Novecento: Prosperi, Zangelmi, Giani Luporini, Bonamici, nell’opera dei quali si possono individuare quanto meno delle linee di tendenza, per non dire un’estetica comune. Eccetto Sonatina profana, che è un brano giovanile di Prosperi, nel disco ho inserito le composizioni più mature degli autori in questione, quelle che secondo me meglio delineano il loro stile e la loro poetica. La mia ricerca sta andando avanti, spostandosi anche su altre opere degli stessi quattro compositori sopracitati, ma anche dei loro maestri e delle generazioni successive dei loro allievi.
Esiste una differenza tecnica tra il suonare la musica del passato e quella del presente?
Dipende dagli autori e dal loro stile compositivo, da quanto il loro modo di scrivere si allontana dalla tradizione. Il repertorio che ho inserito nel disco è fatto per esempio di grandi contrasti sonori: si passa da fortissimi brutali a pianissimi appena sussurrati. L’interprete deve avere un rapporto viscerale con la tastiera e il pieno controllo del corpo. Non che questo non sia necessario per eseguire il resto del repertorio pianistico, ma qui, almeno secondo la mia esperienza, lo è ancora di più. Fondamentale è poi la gestione del silenzio, protagonista assoluto di questa letteratura, che va vissuto e penetrato fino in fondo affinché l’esecuzione funzioni. Detto ciò, in linea generale, per affrontare le pagine di molti compositori contemporanei è necessaria una consapevolezza del linguaggio e una tecnica esclusive, strumenti indispensabili per poter arrivare a fare scelte efficaci di fronte a una scrittura non tradizionale e ottenere risultati di qualità.
Parlaci del progetto Novecento 2.0 dove la Cluster sta svolgendo un ruolo importante
‘Intorno a Firenze nel secondo ‘900’ ha inaugurato il progetto Novecento 2.0, che vuole dar voce ad autori che hanno fornito un grande contributo alla storia del Novecento e hanno ingiustamente avuto poco spazio nelle sale da concerto o negli studi di registrazione, che sono poco o per niente conosciuti anche in ambito accademico. È vero, la Cluster sta svolgendo un grande ruolo in questo progetto: ormai consolidata è la collaborazione con l’Associazione, che mi ha più volte invitato a suonare. Nel 2017 un concerto è stato dedicato alla memoria di Claudio Josè Boncompagni, autore italo-argentino, sul quale pubblicherò un disco monografico nel 2019 insieme alla nota cantante Monica Benvenuti e del quale Cluster sarà main partner. Nel Cluster Music Festival 2018 ho tenuto un recital in memoria di quattro compositori recentemente scomparsi (il già citato Claudio Boncompagni, Daniele Lombardi, Fabio Neri e Joseph Vella), con due brani in prima assoluta di Francesco Cipriano e Girolamo Deraco, rispettivamente presidente e membro del consiglio direttivo dell’Associazione. Speciale e ricco di sinergia è stato per me il rapporto con il direttore artistico di Cluster, il musicologo Renzo Cresti, che mi ha introdotto in questa realtà e che da molti anni dedica il suo lavoro alla musica del Novecento e contemporanea; un rapporto professionale proficuo, che ha portato al raggiungimento di molti obiettivi. Tengo molto a ricordare anche il compositore Arduino Gottardo, vice – presidente dell’Associazione, il quale mi è stato di grande sostegno soprattutto per il reperimento di tante partiture che intendo incidere ed eseguire prossimamente in pubblico. Anche per lui sincero è il mio sentimento di riconoscimento e amicizia.
Per pubblicizzare il progetto tieni anche numerose lezioni-concerto
Tengo lezioni concerto perché credo moltissimo nell’educazione all’ascolto, soprattutto rivolta ai ragazzi, che, se guidati, sono in grado di accogliere tutto ciò che gli viene proposto, contrariamente a quanto molti pensano. Abbiamo in Europa un patrimonio musicale che il mondo ci invidia ed è incredibile che solo in pochi ormai lo conoscano, come è incredibile che molti docenti di educazione musicale sostengano che sia inutile insegnare la storia della musica a scuola e far ascoltare brani di repertorio, così come è assurdo che il ministero non si preoccupi di sviluppare un percorso musicale serio nei vari ordini di scuola. Le persone si sono allontanate dal mondo classico e rifiutano l’ascolto di musica contemporanea solo perché la cultura è sempre più avulsa dalla società e mai come adesso è necessario far qualcosa per reintegrarla e farne il nostro baluardo.
Hai anche realizzato una pubblicazione discografica dedicata a Satie
Satie è un compositore ed un personaggio consegnato alla Storia che ha sempre esercitato su di me un grande fascino. Da un po’ suonavo in concerto, come bis, il suo brano forse più celebre, la prima Gymnopedie. Ogni volta che mi riascoltavo provavo insoddisfazione. Così ho cominciato a lavorare per giungere a un’interpretazione che mi appagasse fino in fondo. Il cd, che include le tre Gymnopedie, le sei Gnossienne e il valzer Je te veux (nella versione pianistica), ha un carattere e un colore diverso da quello che generalmente si sente fare. Una scommessa vinta, visto il consenso critico, che mi rende molto orgogliosa.
Hai un sogno nel cassetto?
Il mio sogno nel cassetto è semplice: voglio continuare a fare il lavoro che faccio e avere sempre maggiori occasioni concertistiche, che siano ragione per un costante studio, un’appassionata ricerca, una conseguente soddisfazione personale, artistica e professionale.