La casa-museo della musica di Sergio Granaiola

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La casa-museo della musica di Sergio Granaiola

GRANAIOLA-_02Sul numero 116 di LuccaMusica è stata illustrata la figura di Brunello Costa, collezionista di supporti musicali dagli albori sino al 33 giri, con specializzazione nei 78 giri.

Si parlerà ora dell’enciclopedico Sergio Granaiola, amante del disco, dall’LP al DVD. In sostanza, Costa e Granaiola potrebbero dar vita ad un meraviglioso Museo della Riproduzione Sonora con pochi confronti.

Sergio Granaiola nasce a Lucca il 4 aprile del 1936. Come suo padre Carlo, buon pittore di area post-macchiaiola (sua madre Anna era invece casalinga), è stato professore di Lettere.

La sua è una sorta di Casa-Museo: oltre alla collezione di dischi, presenziano tanti bei quadri, macchiaioli perlopiù. Ma anche altri elementi di pregio: si accenna solo ad una maschera in gesso di Beethoven, ad un ritratto di anonimo di Giuseppina Strepponi, al busto in gesso di Alfredo Catalani prodotto Pavel Petrovic Trubezkoi (suo il Puccini che campeggia sul Belvedere a Torre del Lago), ed al volto di vecchio di Luigi Nono, nonno pittore del più famoso musicista d’avanguardia.

Granaiola possiede circa 10.000 LP o 33 giri (in realtà 33 + 1/3 giri al minuto). Essi vennero introdotti nel 1948 dall’americana Columbia Records, e soppiantarono progressivamente il 78 giri in gommalacca, non solo grazie alla migliore qualità del vinile, ma anche per la sua maggiore durata (LP sta infatti per Long Playing).

L’incisione più vecchia della collezione Granaiola è l’opera The consul (del 1948-49) di Gian Carlo Menotti della Decca, prestigiosa casa discografica inglese. Il suo tecnico John Culshaw (giunto in società nel 1946), rivoluzionò il metodo di registrazione, in particolare della lirica. Fino a quel momento la pratica era stata quella di mettere i microfoni davanti ai cantanti, registrando semplicemente la loro performance. Culshaw chiedeva invece ai cantanti di muoversi in studio come se fossero sul palco, ottenendo così effetti molto più differenziati e realistici.

Da fine audiofilo quale è, Granaiola ritiene che, come tipo di incisione e dunque di sonorità ottenuta, le migliori Case Discografiche siano la Mercury e l’RCA americana, l’Armonia Mundi francese ed la EMI inglese. La migliore qualità si è ottenuta negli anni che vanno dal 1956 al 1968, secondo lui il periodo migliore per il 33 giri.

Granaiola ha invece dei dubbi non sui cast (spesso ‘stellari) ma sulle incisioni tedesche (Deutche Grammophon e CBS tedesca in particolare). A differenza delle concorrenti anglosassoni, queste tagliavano infatti le frequenze alte e basse, in quanto all’epoca non riproducibili.

A livello di interpreti, invece, la Deutsche Grammophon, casa fondata dall’inventore del grammofono Emile Berliner (e la sua collegata Archiv, destinata alla musica antica) non è forse seconda a nessuno. Granaiola conserva ad esempio un rarissimo cofanetto delle 9 Sinfonie di Beethoven numerato e con attestato firmato di pugno da Herbert von Karajan.

Granaiola si vanta giustamente di avere perlopiù dischi originali americani ed inglesi, e pochissime ristampe. Il 33 giri finale si poteva (si può, vista la seconda giovinezza di cui sta oggi godendo l’LP) infatti ottenere sia dal calco (detto metal master) o da lacche “di seconda generazione”, ottenute a stampo e non a incisione. E’ evidente che il disco proveniente dal master sia acusticamente migliore di quello proveniente da copie.

I sottili distinguo che Granaiola può permettersi derivano anche dalla pazienza con cui si è assemblato negli anni il costosissimo impianto stereo di cui dispone: il giradischi è uno scenografico Vpi a cinghia con una testina Kiseti, il pre amplificatore è un Mark Levinson, mentre i 2 finali di potenza (uno per cassa) sono dei Jadis a valvola. Le monumentali casse sono delle svizzere Goldmund.

Oltre gli LP, Granaiola possiede ‘pochi’ CD (ca. 400) ma 600 DVD, che è praticamente il disponibile specie per quanto riguarda l’opera lirica, amata da Granaiola e da lui conosciuta senza limiti di tempo e di luogo. Per non fare i soliti grandi nomi, egli stima oltremodo la produzione di Piotr Ilich Cajkovskij. Innanzitutto le opere tratte da testi di Alexandr Puskin: Evgenij Onegin del 1877-8, Mazepa del 1881-3, La maliarda del 1885-7 (considerata il suo capolavoro teatrale) e La dama di picche del 1890.

Ma egli è particolarmente orgoglioso di aver reperito sul mercato l’ultima creazione lirica del compositore russo, che nacque contemporaneamente al balletto Lo Schiaccianoci, e come dittico venne presentata a San Pietroburgo nel 1892: la Iolanta, opera in un atto su libretto del fratello Modest, desunto dal dramma La figlia del re René (1846) dello scrittore danese Henrik Hertz, dove l’amore restituisce la vista ad una fanciulla cieca dalla nascita.

Giustamente Granaiola nota come le tematiche religiose dei libretti di Cajkovskij non possono essere stati apprezzati dal comunismo imperante in URSS. Ma anche l’antimelodismo novecentesco non ha permesso la diffusione che le opere di Cajkovskij meritano, anche per qualche mai tentato abbinamento alla figura del nostro Puccini, che come il predecessore credeva nella forza del melos continuato.

Insomma: Lucca è Città della Musica anche per quanto riguarda la custodia delle memorie musicali registrate su qualsivoglia supporto.