A colloquio con…Mainolfi Massimiliano

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A colloquio con…Mainolfi Massimiliano

Da anni dirige i corsi dei giovani allievi del Festival

È motivo di orgoglio per me e per i miei collaboratori approcciare la quattordicesima edizione della IAM. La formula unica di questi corsi, che rievoca quella del Summit Music Festival di New York, al quale ho l’onore di partecipare sia come interprete che come docente e direttore del programma, attrae da anni i migliori giovani talenti del panorama internazionale, alcuni dei quali si sono poi rivelati vincitori dei più prestigiosi concorsi internazionali tra cui il “Queen Elizabeth” di Bruxelles, Leeds, Montreal e il Tchaikovsky di Mosca.

Anche quest’anno sono accrosi tanti giovani musicisti di valore, tra cui anche il vincitore del Concorso Schumann per giovani pianisti di Zwickau, attualmente frequentante il Triennio nella mia classe di pianoforte presso il Conservatorio di Trento & Riva del Garda.

 Un piacere lavorare con una élite di musicisti internazionali

È un piacere e allo stesso tempo un onore. Con molti di questi artisti c’è un’ amicizia di lunga data, avendo frequentato assieme scuole e corsi di perfezionamento già da allievi e si condivide spesso il palcoscenico, oltre a questo appuntamento in Garfagnana che ormai è diventata per noi una seconda casa.
Colgo l’occasione per ringraziare alcuni di questi che anche in anni difficili dal punto di vista organizzativo hanno garantito la propria presenza con grande professionalità.

Inoltre l’ambiente confortevole della Garfagnana è un valore aggiunto.

Assolutamente sì ! La Garfagnana è una regione splendida, un vero tesoro per certi versi ancora nascosto della Toscana. Pensi che dopo la prima edizione del Festival l’entusiasmo di alcuni partecipanti statunitensi coinvolse il New York Times che scrisse un articolo sulle bellezze di questo territorio. Sono fermamente convinto che la più grande risorsa del nostro paese sia proprio la cultura e le proprie tradizioni, e questo ne è un esempio.

Ci parli della sua esperienza americana e degli studi alla prestigiosa Juilliard School.

Per me New York rappresenta in un certo senso la mia città di adozione. In quegli anni si è formata la persona che sono oggi, sia dal punto di vista musicale che umano. È difficile raccontare in poche righe questa meravigliosa avventura, innanzitutto perché New York la si può conoscere  soltanto vivendola: una città unica al mondo in tutti i sensi e  che si imprime indelebilmente  nell’anima in tutta la sua straordinaria vitalità e nelle sue contraddizioni.
Gli anni alla Juilliard sono stati fantastici, eravamo ancora nella “golden age” di questa prestigiosa   scuola, giravano nei corridoi docenti che erano e sono delle vere e proprie leggende e il livello degli studenti era altissimo, cosa naturalmente estremamente stimolante.
Tanti dei volti noti del panorama musicale internazionale odierno erano tra i banchi di allora.
Essere a contatto quotidianamente con tutto ciò e a due passi dal Metropolitan, da Avery Fischer Hall nel cuore musicale di questa splendida metropoli, ha contribuito a rendere questa esperienza indimenticabile.


C’ è molta differenza tra la didattica di oltre oceano e quella italiana?

Se si riferisce  all’alta formazione non direi. Bisogna tener presente che molti dei migliori docenti oltreoceano sono di scuola europea, non penso si possa parlare di “scuola americana” almeno per quanto riguarda il pianoforte.

C’ è invece grande attenzione per la musica da camera, come del resto avviene anche in alcuni paesi europei, per esempio in Germania dove vivo. La musica da camera riveste un ruolo determinante e centrale nei programmi  didattici e non viene vista come materia complementare, cosa che accade da noi purtroppo.

A mio avviso c’è una sostanziale differenza di approccio alla  didattica di base, ho riscontrato un enorme interesse dei bambini verso lo studio dello strumento, ci sono delle metodologie che si sono sviluppate negli ultimi 20 anni che rendono tutto ciò più accessibile.

Il livello degli studenti delle maggiori università americane è  molto alto, forse attualmente gli Stati Uniti sono la prima meta per gli studenti provenienti dall’estremo oriente e questo fattore non può passare inosservato. Io ritengo che il motivo di tutto ciò sia da trovare nella qualità eccezionale delle infrastrutture e mi viene subito da pensare alla differenza abissale con le condizioni nelle quali versano i nostri conservatori.

Va evidenziato il fatto che in America il concetto meritocratico è tenuto in grande considerazione

Ritengo che quando si parla di meritocrazia sia necessario fare attenzione a non generalizzare, e questo accade spesso nel nostro Paese, ed è accaduto anche recentemente in merito alle graduatorie dei conservatori di musica, argomento che preferisco in questa sede non affrontare poiché spesso strumentalizzato anche dai miei colleghi.

Le faccio un esempio : negli Stati Uniti non sempre il sistema di reclutamento prevede una selezione pubblica, anzi nella maggior parte dei casi c’è la nomina diretta del docente. Se accadesse questo da noi si griderebbe subito allo scandalo.

La differenza sostanziale tra noi e loro è che in America si bada poco alle parole e molto ai fatti, evidentemente quella società si è dotata di sistemi di valutazione che funzionano e che valgono per tutti.

Lei è conosciuto anche per la sua brillante carriera pianistica vincendo tra l’altro il Young Concert Artist International proprio a New York e particolarmente per quella   cameristica, con brillanti affermazioni al “Vittorio Gui” di Firenze, al “Viotti” di Vercelli e all’Internazionale di Trieste. Quali sono i suoi prossimi progetti ?

Sinceramente non ho mai amato i concorsi, ho sempre ritenuto la competizione unita alla musica una contraddizione intrinseca. Tuttavia mi rendo conto che per i giovani musicisti questo è uno dei pochi mezzi per mettersi in mostra, anche se oggi ce ne sono talmente tanti che non è più sufficiente affermarsi in un prestigioso concorso.
Io mi sono dedicato alla musica da camera per “passione”, un amore nato proprio negli anni di studio alla Juilliard.

Adoro il suono e il fraseggio degli strumenti ad arco, il violoncello in particolare e il repertorio pianistico per musica da camera è poi favoloso, Brahms e Schumann tra i tanti ci hanno lasciato degli immensi capolavori.

Sarò negli Stati Uniti in agosto e ci tornerò anche nel febbraio 2017 per una tournée di concerti con il violoncellista Mattia Zappa. Da segnalare il debutto al LAC di Lugano nella prestigiosissima stagione di concerti e anche una sorpresa discografica che scaturirà dal contratto appena firmato con la Universal Music.

Lei è anche molto attivo nel campo didattico, cosa può dirci a proposito ?  

Mi piace moltissimo insegnare, una passione sicuramente trasferitami dai miei eccellenti maestri.

Attualmente insegno sia al Conservatorio di Trento e Riva del Garda che alla Hochschule di Norimberga e ho la fortuna di poter lavorare con dei ragazzi fantastici e di notevole talento. In estate insegno regolarmente negli Stati Uniti, cosa che faccio con enorme piacere, trasferendo la mia famiglia al completo a New York.

Alcune  novità di questa edizione dell’IAM

Quest’anno avremo un concorso tra gli allievi del festival la cui fase finale sarà aperta al pubblico in forma di concerto al Teatro Alfieri. Abbiamo inoltre dedicato anche una giornata alla nostra pianista accompagnatrice Natalia Strelle, tristemente e tragicamente scomparsa la scorsa estate.