L’origine della ricorrenza del primo maggio è da ascrivere a Lucca

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L’origine della ricorrenza del primo maggio è da ascrivere a Lucca

Contrariamente alle versioni ufficiali della storia, l’origine della ricorrenza del primo maggio, festa del lavoro, è da ascrivere a Lucca, poiché: “….e al primo di maggio d’ogni anno giovinetti e damigelle in ne’ le vie della città con canti e danze per la bella stagione tornata far festa soleano e alquanti anche dal contado e massimamente seimiglia con stromenti veniano; pifferi, tamburi, trombe, corni e tutta riempievan la città di canti e cori e suoni e danze e grande era il giubilo e notabile il sollazzo”.

E’ il racconto di un cronista dell’epoca del primo maggio 1531 a Lucca; ma quell’anno l’atmosfera festosa si trasformò subito in rivolta sindacale, passata alla storia della città come “la sollevazione degli straccioni”. Molti giovani colsero infatti l’occasione del raduno annuale di primavera il primo maggio per protestare contro la legge che non consentiva più la tessitura di seta e lana a chi avesse un solo telaio e che al contempo riduceva le paghe degli operai. Non inganni il termine straccioni: furono chiamati così dal cencio nero e stracciato issato su una pertica come punto di riferimento in testa al corteo. Ma da pacifica protesta sindacale l’iniziativa si trasformò ben presto in gravi disordini, con eccessi dovuti a regolazione di conti, faide cittadine e vendette familiari.

Il governo della Repubblica, ispirato dalla proverbiale prudenza, accolse molte richieste dei dimostranti concedendo anche diversi perdoni, ma i più facinorosi “…viddero in ciò debolezza del Consiglio degli Anziani e di quello Generale e financo del Gonfaloniere Martino Cenami e più ancora pretendevano con loro ribalderie ottenere assai più”.

Si arrivò a sfiorare la guerra civile e le scorribande si protrassero per mesi, finché nell’aprile del 1532, gli Anziani assediati nel Palazzo dai dimostranti, chiesero aiuto a Martino Buonvisi “…uomo ben deciso che, soldate all’uopo assai milizie, vinti con di molta violenza e sangue i sediziosi, quiete e ordine rimise in città e dodici funno morti dannati nel capo (cioè decapitati) e molti a esilio perpetuo e altri a galera a vita o a tempo comandati”.

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