Pinkerton: buontempone superficiale

Home / La Storia / Pinkerton: buontempone superficiale
Pinkerton: buontempone superficiale

Un’interpretazione alternativa della figura di una Butterfly ‘malata’ (vedi l’articolo di marzo) si riverbera sugli altri personaggi principali: in primo luogo, Pinkerton. Spesso visto come una sorta di delinquente, merita un ricorso in appello.

In una lunga ed articolata intervista con l’amico Carlo Paladini, poi pubblicata con largo anticipo rispetto alla prima di Butterfly, è lo stesso Puccini a tratteggiare la figura di Pinkerton. Interessantissimo il riferimento a Pierre Loti, di cui il compositore mostra di conoscere l’opera, e sicuramente Madame Crisanthème:

Madame Chrysanthème
Madame Chrysanthème

– In questa spiaggia gentile di Madamigella Crisantemo, capitò una nave da guerra americana, la ‘Lincoln’, comandata da uno yankee puro sangue, simpaticone, Pinkerton, il quale, seguita Puccini, deve trattenersi a Nagasaki e cerca moglie… alla giapponese; ché il Giappone è il paese ideale dei mariti. Si rivolge a Goro, sensale, che gli presenta un’amabile gaiscia [sic] . Si chiamano così le ragazze giapponesi che rallegrano le serate con danze, canti e suoni di samisa, la curiosa chitarra. Cio-cio-san (che tale è il nome della gaiscia) è una personcina oltremodo graziosa con piedi e mani minuscole, capelli corvini, lucidi: i suoi occhini sono di Madonna: ha un cuore di bimba innamorata; le sue maniere sono sempre gentili e il suo viso è dolcemente simpatico: ha una voce armoniosa, dentini bianchi, chiacchera poco e… canta molto.

– Va bene, questa sarebbe la prima donna…

– La quale vuole un mondo di bene al suo americano e n’è riamata. Ma i marinai ubbidiscono ai superiori pure… in America e viene, purtroppo, anco per Pinkerton l’ordine di lasciare Nagasaki. Pierre Loti avrebbe finito qui il raccontino latte e miele, con un mesto rimpianto, un dolce bacio, un tenero addio, una tazzina di tè imperlata di lacrime, e chi s’è visto s’è visto. […] L’assenza dura quattro anni e in questo frattempo Pinkerton piglia moglie. -Birbante.- Non mi trattar male il mio americano. E’ un carattere simpaticissimo, generoso, aperto. Egli non sapeva di aver ispirato una passione così tremenda. […] Conclusione: Butterfly, poverina, quando vede che tutto è perduto si ammazza.

 

Madama Butterfly
Madama Butterfly

Puccini non intende dunque colpevolizzare lo «yankee puro sangue, simpaticone» che deve ubbidire ai superiori e lasciare Nagasaki. Da sottolineare che Butterfly «vuole un mondo di bene al suo americano e n’è riamata».

Effettivamente il libretto è un po’ più circospetto sull’argomento. Dopo che il console ha detto a Pinkerton «E se a voi sembran scede [scindibili] | il patto e la sua fede | badate! (Accenna a Butterfly.) | Ella ci crede», egli si mostra fortemente ‘toccato’: «Sì, è vero, è un fiore, un fiore, | e in fede mia l’ho colto. | L’esotico suo odore m’ha il cervello sconvolto». Sharpless nota l’eccitazione del marinaio: «Quale smania vi prende! | Sareste addirittura | cotto?». Pinkerton risponde: «Non so! Dipende | dal grado di cottura!». Almeno per un istante Pinkerton sembra essere anche innamorato: «Amore o grillo, | dir non saprei. – Certo costei | m’ha colle ingenue – arti invescato», anche se subito sembra chiarire il senso di questo amore: «Qual farfalletta – svolazza e posa | con tal grazietta – silenzïosa | che di rincorrerla – furor m’assale | se pure infrangerne – dovessi l’ale». Emerge in fondo la poca sensibilità dello ‘yankee vagabondo’ che intende appropriarsi e dispoteggiare sui ‘fiori d’ogni plaga’.

Costume Sketch di Pinkerton  per la rappresentazione del 1904
Costume Sketch di Pinkerton per la rappresentazione del 1904

Concetto che aleggia anche nel successivo dialogo col console: «Sharpless […] Bevo alla vostra famiglia lontana. (Leva il calice.) Pinkerton (Leva esso pure il bicchiere.) E al giorno in cui mi sposerò con vere | nozze, a una vera sposa… americana». – Pinkerton è dunque perfettamente cosciente che quella giapponese rappresenta per lui solo una piacevolissima parentesi senza alcuna conseguenza sul suo futuro sentimentale. Le fantasie irrealizzabili sono assolutamente posposte al pragmatismo dell’uomo. Che infatti afferma i suoi istinti prettamente sessuali da soddisfare velocemente: «Pensar che quel giocattolo | è mia moglie. Mia moglie! | Ma tal | grazia dispiega, | ch’io | mi struggo per la febbre | d’un subito desìo».

Dopo la scenata dello zio bonzo, Pinkerton è toccato dallo choc subito da Butterfly. La veemenza dell’accusa e la reazione allucinata della ‘moglie’ lo fanno cedere alla commozione. Dopo il ripudio parentale, «Butterfly scoppia in pianto infantile. Pinkerton l’ode e va premuroso verso di lei, sollevandola dall’abbattimento in cui è caduta e togliendole con delicatezza le mani dal viso piangente». E più tardi continua a dimostrarsi molto affettuoso: «Dammi ch’io baci le tue mani care. | (Prorompe con grande tenerezza.) | Mia Butterfly!… come t’ha ben nomata | tenue farfalla…».

Ma Butterfly e Pinkerton corrono su binari paralleli, ed il finale di primo atto è sintomatico. Pinkerton esplicita poco poeticamente l’urgenza delle sue pulsioni indicando in Butterfly una sorta di preda da ottenere con la forza: «Io t’ho ghermita… | Ti serro palpitante. | Sei mia». Il paragone con la farfalla trafitta da uno spillo «perché non fugga più» disturba la sensibilità dello spettatore, specie rilevando la ‘poeticità’ di Butterfly’, estasiata dal rimirare il cielo: «Ah! Dolce notte! Quante stelle! | […] | Tutto estatico d’amor | ride il ciel!». Pinkerton è concentrato esclusivamente sul soddisfacimento delle ormai prorompenti esigenze carnali con un «vieni, vieni!» ossessivo, culminante con il pieno possesso: «Sei mia!».

Giacomo Puccini
Giacomo Puccini

Il ritorno di Pinkerton a Nagasaki dopo tre anni non ha quei caratteri ‘trionfali’ che contrassegnano la prima trasferta. Riconosce il suo «fallo» ma ammette di fuggire le sue responsabilità: «Son vil!» chiude infatti «Addio, fiorito asil». Riappare solo all’ultimo momento a ‘giochi ormai fatti’. Presenzia all’esalazione dell’ultimo respiro di Butterfly ed ormai del tutto impotente «si inginocchia». La didascalia è dunque molto ‘asettica’ nei confronti di un personaggio che, come ci ha ricordato Puccini stesso, «non sapeva di aver ispirato una passione così tremenda».

Non un ‘negativo’, non un delinquente, dunque, ma un maschio svirilizzato (come solo un maschio sa essere…). E’ una pedina nelle mani dei suoi superiori, capace solo di emozioni superficiali. Assolutamente favorite però dalla prassi consolidata dei matrimoni temporanei in voga nel Giappone della seconda metà dell’Ottocento.