Marino Pratali, autore del Mottettone per la Santa Croce

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Marino Pratali, autore del Mottettone per la Santa Croce

Il Mottettone per la Santa Croce 2015 sarà Annunziate a tutte le genti di Marino Pratali, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita.

Nato il 15 maggio 1915 a Castelvecchio di Compito (LU) e morto a Lucca il 14 novembre 1997, è ancora nella memoria di tutti coloro, e sono tanti, che lo hanno conosciuto come ottima persona e che si sono formati al magistero del suo dotto insegnamento (solfeggio, armonia, composizione), sempre venato da una bonaria abnegazione per amore dell’arte.

Nel decennale della sua scomparsa, l’allievo ed amico Emilio Maggini ha pubblicato Marino Pratali. L’uomo e l’artista, prezioso volumetto che ben sintetizza la sua bonarietà ed operosità. Diplomatosi in Corno ed in Strumentazione per Banda, studiò Armonia con Lamberto Landi, Contrappunto e Fuga e Composizione con Sebastiano Caltabiano.

Ha avuto una carriera accademica di tutto rispetto, insegnando Teoria e Solfeggio e Cultura Musicale Generale all’Istituto Boccherini di Lucca, per poi continuare al Conservatorio di Foggia ed al Cherubini di Firenze, dove, nel 1980 chiuse la carriera. Numerosissimi sono stati i suoi allievi: si ricordano solo Gaetano Giani Luporini, che gli ha pure dedicato una toccante poesia («[…] Fosti il primo / che la mia mente e il cuore / apristi al suono […]») ed Andrea Lucchesini.

Pratali è anche l’iniziatore di quella scuola di organo liturgico (tutt’ora esistente) intitolata poi al gregorianista Raffaello Baralli.

All’insegnamento ha affiancato un’intensa attività compositiva, permessagli anche dalle solide basi di studio: oltre ad essersi diplomato a Firenze in Strumentazione per Banda, ha terminato lo studio del Corno e della Composizione a Lucca.

Il Mottettone è una forma tipicamente lucchese, dalle origini assai dibattute. Un brano del Viaggio in Toscana di Georg Cristoph Martini, pittore sassone stabilitosi a Lucca nel 1727, dà un’idea di come la musica fosse assolutamente parte integrante delle celebrazioni in onore della S. Croce: «il 14 settembre, giorno di S. Croce, ha luogo la famosa festa lucchese, in occasione della quale si recano a Lucca molti virtuosi delle città e dei paesi vicini a dare saggio della loro musica. E’ la musica sacra più bella che si possa ascoltare in tutta Italia. […].La chiesa viene arredata di damasco rosso con galloni dorati». Se fa riferimento alla musica dei Vespri e della Messa, questo resoconto non ricorda assolutamente il cosiddetto Mottettone, cantato al termine della solenne processione «cui per molti secoli gli abitanti della città erano obbligati a partecipare portando un cero come tributo».

Nella ancor fondamentale Storia della Musica in Lucca di Luigi Nerici (Lucca 1879), leggiamo: «quando poi siasi introdotto l’uso del così detto Mottettone in luogo del discorso che si recitava al ritorno della processione in S. Martino la sera della vigilia, non ho potuto rinvenire. [ … ] non par dunque improbabile che il canto del Mottettone in luogo del discorso e del suono dei diversi trombetti forestieri possa dirsi introdotto sul finire del secolo XVII».

Giacomo Puccini senior (1712-1781), trisnonno del famoso operista, è l’autore di un Mottetto a 8 voci con strumenti obbligati e due trombe e due corni da caccia a beneplacito per il ritorno della Luminaria di Santa Croce 1753 [ … ] da principiarsi quando entra in Chiesa la Croce di Monsignore Arcivescovo. Forse proprio quel ‘mottettone’ ancora diretto dal pronipote Michele (padre del grande Giacomo) nel 1833.

Ma il consolidarsi della prassi di accogliere l’entrata della processione in S. Martino con un brano per doppio coro e piena orchestra sembra però risalire al 1839. Interessante riportare un giudizio del Nerici, per il quale nonostante il mottettone di Michele Puccini sia più bello di quello del bisnonno, entrambi sono stati «ora vinti ambedue da quello veramente meraviglioso del vivente maestro Cav. Andrea Bernardini da Buti».

A partire dal sec. XVII, ‘mottetto’ è una terminologia generica per indicare un brano cantato di carattere meditativo-religioso e di destinazione extra-liturgica, di qualsivoglia forma o stile. L’accrescitivo di questa composizione tipicamente lucchese è giustificato dall’organico particolarmente ridondante: un doppio coro dalle lontane ascendenze veneziane ancor oggi testimoniate dalle due cantorie contrapposte di S. Martino e la presenza di un’orchestra non propriamente ‘da camera’ (trombe, corni, timpani…).

Il mottettone venne poi eliminato proprio per tale esuberanza fonica ritenuta, dalle disposizioni del Motu Proprio del 1903, poco consona ad una cerimonia religiosa, ma, rivisitato nello sfarzo, venne poi ripristinato progressivamente nel corso del secolo.

Già nel 1945 Marino Pratali aveva scritto il Salve Crux, mottettone ripreso poi nel 1986 e nel 2007. Annunziate a tutte le genti fu invece composto per Coro ed Orchestra ed eseguito nel 1976, e ripreso poi nel 1981 e nel 1997.

Il testo è stato assemblato dallo stesso Pratali citando varie antifone della Liturgia della Croce. Nella classica forma tripartita Andante Mosso, Adagio, Andante Mosso (con fugato), celebra il Regno «dal legno della Croce», «dal quale pendette la salvezza del mondo» e «da un legno viene gaudio a tutto il mondo».

La musica è densa e compatta, all’insegna di un contrappunto severo che è il linguaggio tipico e connaturato del Pratali, ma non offuscante la sua vena elegiaca, senz’altro più vicina a quella di Lamberto Landi che a quella, più tormentata, di Sebastiano Caltabiano. E’ una vena tipicamente lucchese, che rimanda ad Alfredo Catalani. Neanche una lontana eco dell’avanguardia novecentesca è presente nelle musiche di Pratali, che evidentemente rintraccia nella musica italiana di fine Ottocento un ineliminabile punto di arrivo. Blocchi di armonia tonale venata da non infrequenti cromatismi, melodia e ritmica scorrevole, tradizionali ben congegnate progressioni, adozione prevalente di una scrittura a 4 voci e di forme ben collaudate, fanno quasi pensare ad un atteggiamento polemico nei confronti delle novità maturate e sbocciate nel nostro secolo.