Madama Butterfly di Illica-Giacosa-Puccini

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Madama Butterfly di Illica-Giacosa-Puccini

Proseguiamo con l’analisi dei personaggi di Madama Butterfly da parte del musicologo Michele Bianchi

I librettisti ed il compositore di Madama Butterfly riprendono le fonti rappresentate da Long e da Belasco, apportando, oltre a vistosissime integrazioni (es: tutto il primo atto) anche importanti varianti. Le fonti sono cioè rielaborate attentamente, senza alcuna accettazione acritica. L’opera pucciniana è dunque originalissima, caricata di connotazioni e significazioni non rinvenibili nei precedenti letterari. Ma oltre ad aggiungere, l’opera snellisce le fonti, ed è molto più reticente su aspetti importanti. Non accenna alle ragioni che hanno portato al suicidio del padre di Butterfly e non enfatizza gli ‘scherzi infernali’ di Pinkerton ai danni di Butterfly (es: la ‘balla’ dei pettirossi). Introduce il ‘fantasma’ Yamadori senza caratterizzarne il tipo di vita e la sua petulanza, e non motiva che un bimbo chiamato Dolore possa rinominarsi Gioia. Ciò è soltanto una spia dell’ambiguità costitutiva e sistematica della Madama Butterfly pucciniana, anche limitandoci al versante puramente letterario. Questa ambiguità di fondo permette interpretazioni alternative a quella, presupposta nella sua definitività, che vede in Pinkerton l’ingannatore e in Butterfly l’ingannata.

Puccini comprende immediatamente come, pur presentando il massimo interesse, le fonti fossero da integrare, rielaborare ed approfondire.

Caro Illica, hai scritto al sig. Giulio? Se tu veramente credi che da quell’argomento se ne può trarre un’opera originalissima, scrivigli, tanto più che era un po’ freddo su Butterfly. Così i Ricordi cercheranno di mettersi d’accordo con Belasco e l’autore del romanzo [Long]. Però ritengo sia necessario avere il copione della commedia; là ci sono delle cose che vanno bene.

Luigi Illica
Luigi Illica

Su questo punto Illica voleva dire ‘la sua’:

Carissimo sig. Giulio, ed ecco l’errore (secondo me) di Puccini, ed è di credere che il dramma della Butterfly consista nei dettagli di scena conditi dal Belasco. Certo che sono quelli che lo hanno sorpreso a tutta prima (non comprendendo una parola) e colpito; ma perché il dramma forte farebbe parere bellissimi altri dettagli, tutti i dettagli che la nostra fantasia ci può suggerire, diversissimi da quelli del Belasco che non solo rasentano la caricatura, ma che – scommetto – visti da Puccini su teatri italiani, con parole nostre, non gli avrebbero fatta l’impressione avuta in inglese.

Questo ci dice come Puccini intervenisse pesantemente anche nella sceneggiatura di Madama Butterfly, cosa che si evince anche dalla frase seguente: «Ho fatto l’entrata di Butterfly e ne sono contento. Salvo essere un po’ italiana è di grande effetto, tanto per la musica quanto per la scena che ho ideato».

Come sempre costretto a varianti e a varianti delle varianti, Giacosa si sfoga con Ricordi: «Ma poi, prima che io avessi in mano i due quadri del 3°, il Puccini volle nuovi mutamenti al 1° (nientemeno che tutta la scena finale, duetto d’amore, rifatti di sana pianta) e l’intero rifacimento della seconda metà del 2° atto. Questa è la storia vera, genuina, documentata».

 

Giuseppe Giacosa
Giuseppe Giacosa

1) Il primo atto

La triade autrice del libretto di Madama Butterfly (Luigi Illica, Giuseppe Giacosa ma anche lo stesso compositore) inventa ex novo il primo atto, dominato dal matrimonio fra Pinkerton e Butterfly, e dal rinnegamento propugnato allo zio Bonzo. Il resto è modellato invece sullo schema fornito da Belasco: l’attesa fiduciosa della protagonista è definitivamente compromessa dalla conoscenza della moglie americana di Pinkerton, e Butterfly decide dunque di suicidarsi. Questa divisione è ratificata dallo stesso Puccini: «L’opera deve essere in due atti. Il primo tuo e l’altro il dramma di Belasco con tutti i suoi particolari».

Il riferimento al rito matrimoniale fra Pinkerton e Butterfly è del tutto assente in Belasco, mentre in Long vi è solo un brevissimo accenno al matrimonio fra Pinkerton e Butterfly: «Questi [i parenti di Butterfly] avevano assistito al suo matrimonio in gran numero: un’orda terrificante, aveva detto Pinkerton (essi erano arrivati con lanterne e bandiere e con rumorose manifestazioni di affezione)».

In Long è Pinkerton ad allontanare progressivamente i parenti da Butterfly, che «erano stati così contenti di combinare il suo matrimonio!». Per la strafottenza dell’americano, questi si devono poi ricredere.

John Luther Long
John Luther Long

Così, mentre quella sera gli inviati della famiglia fecero a Pinkerton delle proteste calorose d’amicizia, più tardi, alla conferenza finale in cui la famiglia stessa – in base alla relazione loro – passò a squalificare Cho-Cho-San solennemente, furono essi che trovarono per stigmatizzare la condotta di Pinkerton le espressioni più severe. Quando la notizia della mozione adottata durante la conferenza della famiglia della sposa giunse a conoscenza della novella coppia, Pinkerton tentò di ricostruire gli avvenimenti a modo suo.

In Long il distacco dai parenti è dunque civile e compassato. Non ha dunque quei caratteri di ‘uragano’ che contraddistinguono l’arrivo dello zio Bonzo in Puccini, che non possono non ripercuotersi e ‘risuonare’ dolorosamente nella mente di Butterfly. Il rinnegamento è poi appena accennato in Belasco: «Nakodo – They [her people] have outcasted her!».

Dunque tutto il bagaglio emotivo e le problematiche psicologiche che riscontriamo nella Butterfly pucciniana già a partire dal primo atto non sono, in tutta la loro ampiezza e complessità, rintracciabili nelle fonti.

2) Il secondo e terzo atto

La solitudine di Butterfly dopo i tre anni di spasmodica attesa è esemplata sul racconto di Long, ma soprattutto sul dramma di Belasco. L’unica variante che si decise di attuare è l’introduzione di quello che viene comunemente definito ‘l’atto del consolato’.

David Belasco
David Belasco

E debbo dirle (cosa che mi pare buonissima nella seconda parte) che il Console abita una villa europea nel terreno detto ‘Concessione europea’. Così i tre quadri della seconda parte vengono ad acquistare gran varietà. 1) La casetta di Butterfly. 2) La villa del console. 3) La casetta di Butterfly.

L’incombente monotonia dell’unità di luogo aveva partorito questa soluzione, che mise però Puccini in crisi. Alla fine la sua reazione positiva riesce evidentemente a convincere il librettista. Ed infatti Illica riferisce a Ricordi:

Sono sicuro che allora solo vedrà come quel benedetto Consolato (dopo!) avrebbe pesato su tutta l’opera! No, dopo la lettera e la presentazione del bimbo, tutto deve correre drammaticamente alla catastrofe, sia in un quadro, sia pure in due quadri, ma tenendoci però nel medesimo ambiente.

Puccini -Giacosa - Illica
Puccini – Giacosa – Illica

Sostanzialmente Puccini segue la traccia di Belasco, ma se l’opera di Puccini è tutt’altra cosa rispetto al ‘drammino’ dell’americano non è solo per la terza, decisiva dimensione che la musica conferisce al linguaggio ed alla rappresentazione scenica. L’attesa di Butterfly è preceduta da un primo sfolgorante atto, dove, con subdola raffinatezza, la complessità del personaggio Butterfly è stata perfettamente esaltata da Puccini. Dal secondo atto l’attesa di Butterfly ha ‘alle spalle’ un’altra attesa che la potenzia enormemente. Il suo donarsi completamente ad un militare girovago oltretutto assai disincantato crea disagio, e dunque ci si chiede oziosamente come andrà a finire. Il secondo e terzo atto supportano questo carico d’angoscia, liberato straziantemente solo nel rapidissimo finale.