Giacomo Puccini in bicicletta

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Giacomo Puccini in bicicletta

Nel Codice Atlantico (foglio 133v) di Leonardo da Vinci (452-1519) si trova un disegno eseguito a carboncino e databile intorno al 1493, che può considerarsi il progenitore della bicicletta moderna.

E’ però dal 1790 alla fine dell’’800 che la bicicletta compie quegli essenziali progressi tecnici che le permettono di affermarsi come uno dei principali e più diffusi mezzi di trasporto sino ai giorni nostri.

Dopo le esperienze della draisina (di legno, senza pedali e freni) e della michaudine (il biciclo con la ruota anteriore più grande della posteriore), è negli anni dal 1885 al 1896 che la bicicletta acquista le sembianze di quella attuale: telaio metallico, ruote di uguale dimensione, pneumatici in caucciù, ‘ruota libera’ (che permette di procedere per inerzia anche senza pedalare).

Amante della modernità e di tutti i suoi ritrovati tecnici, Puccini si innamorò del ‘bicicletto’. Dopo il successo di Manon Lescaut, Puccini comincia a togliersi qualche soddisfazione. Il 18 luglio 1893 scrive ad un amico: «T’avverto che ho preso un bicicletto! Ma pagabile a rate mensili. Verrà da te l’amministracore della ditta A. Schlegel, Foro Bonaparte 36, e tu gli pagherai mio conto L. 70 come prima rata e gli altri mesi L. 50, salvo poi sal­darlo completamente alla mia venuta a Milano in ottobre».

Questa sua bicicletta era una Humbert. Ad aiutarlo nei primi passi fu il pittore Ferruccio Pagni, che ricorda i primissimi tentativi a Torre del Lago: «Non fu impresa da poco tenere in equilibrio quel suo ‘quintale’ ed essere costretto, per giunta a corrergli dietro. La strada, che dal lago va in paese, serviva benissimo da pista. Prova e riprova, finalmente Puccini cominciò a staccarsi: un po’ traballando e molto serpeggiando procedeva autonomo. Ma non parliamo né di salire in velocipede né di far voltate. […]- Bada! Bada! guardati avanti!… non vedi che vai….Troppo tardi: Giacomo andò dentro, fino al collo, in un fossato pieno d’acqua verdastra. Non dico la scena che seguì».

Giacomo coinvolge in questa passione anche il cognato (marito della sorella Ramelde) e amico Raffaello Franceschini. Nell’aprile 1895 così gli scrive: «Caro Cognato, se vuoi la bicicletta, scrivimelo che ti posso procurare un buon affare. Redaelli, negoziante e mio amico, ne ha di buonissi­me; anche il figlio di Ricordi ha preso una Melton inglese con cerchi di legno, ultima novità, a lire 335, con pompa, lampione, oliatore e chiave. Il figlio di Ricordi l’ha pagata 375. lo ti faccio risparmiare mercé la mia raccomandazione».

Quanto la bicicletta impegnasse i pensieri di Giacomo Puccini, lo dimostra la lettera seguente, sempre al cognato: «Caro Lello, torno ora da Redaelli (ti ho spedito il catalogo). La macchina New Turner è buona e costa, il ristrettissimo, lire 475, quella da 350 o 60 non te la consiglio e poi ora non ne ha. Franchetti, il maestro milionario, ne ha una di quelle da 475 e ne è contento molto, è bella, cerchi di legno, elegante. T’ho spedito il catalogo delle Adler, come vedrai costano ca­rette ma sono buone, il tipo per te sarebbe il numero 24, costa 550, è bella. L’altra, il numero 23 è il modello vecchio dell’anno scorso. An­ch’essa è buona. Le più belle però sono le Mary, addirittura smaglian­ti di verniciatura e nichellatura. Hanno delle fmezze e lucidità bruni­toriche degne di te e costano meno delle Adler. Ci sarebbe, per esem­pio, la Mary 9, con cerchi legno e gomme antisdrucciolevoli sul ba­gnato che è splendida addirittura per te. Ma non so ancora se sia poi buona e scorrevole quanto bella. Per bella, è bella spietata e farai cre­par di rabbia chi ti vede. 450 poi non sono tante da spiantare un possidentone pari tuo… Fra quella di Redaelli e la Mary, non tentennerei, e risparmi. Ti avverto però che con 450 ti dànno solo la pompetta (piccola, per viaggio, ma in casa ci vuol grande perché più comoda) la chiave ingle­se e altro. Bisogna prenda il lampione e campanello (con 15 lire si hanno bellissimi)».

Alla fine, Puccini conclude per la bicicletta del cognato: «stamani fu spedita la Mary. Bada che ti ci ho fatto mettere i parafanghi. Li vedrai filettati perché non sono i suoi, essendo la tua bicicletta di mezza corsa e, per maggior leggerezza, costruita senza parafanghi, i quali però non usano più».

La bicicletta divenne per Puccini un vero e proprio sport. Egli partecipò anche a gare ciclistiche, facendosi onore. Sull’Eco della Valdinievole del 29 giugno 1895 si legge: «Martedì 25 l’Unione Ciclistica Valdinievole, ebbe l’onore di ospitare Giacomo Puccini, il fortunato autore della Manon Lescaut. Tipo forte e simpatico d’uomo, egli è un appassionato cacciatore e valente ciclista. La nostra Unione oggi ha il vanto e la fortuna di averlo Presidente Onorario. Badate però, che come nel campo della musica, anche nel ciclismo egli semina molti per la strada. Vidi pur troppo l’altro giorno come ridusse i suoi compagni di viaggio. Sembravano, con rispetto parlando, tanti peperoni».

Di questa Unione Ciclistica rimane una bella foto davanti all’ingresso del Conservatorio Femminile S.Michele di Pescia. Come compete agli ospiti d’onore, Puccini è al centro del raduno.

Da evidenziare che la pista ciclabile da Lucca a Vecchiano è giustamente intitolata a Giacomo Puccini.