A colloquio con…Filippo Gorini

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A colloquio con…Filippo Gorini

Ci parli della sua splendida vittoria, due anni fa, al Concorso Internazionale di Bonn “Beethoven Telekom”

È stato un momento molto emozionante. Dopo mesi di preparazione perfezionando brani su cui già lavoravo da anni, prova dopo prova ho dato del mio meglio, fino a giungere alla finale e poi al premio. Ero esausto al termine, ma anche felice come raramente mi è capitato di essere.

Da lì si sono aperte le porte del riconoscimento internazionale?

Sì, dopo il concorso ci sono stati subito debutti importanti in tutta Europa, tour con orchestre e tutt’ora continuano gli inviti, per fortuna, in stagioni anche molto prestigiose. Ho già suonato anche in Asia e nel 2019 ho concerti di rilievo in Nord America.

Un onore rappresentare la splendida scuola italiana quando si esibisce all’estero!

L’Italia è una nazione straripante di talenti e ci tengo molto a far sì che all’estero continuino a vederlo e riconoscerlo. Sento molto quando suono la responsabilità verso chi rappresento: l’Italia, i miei insegnanti, il mio conservatorio… Mi aiuta a non accettare di suonare al di sotto delle mie possibilità.

Oltre alla sua stimata insegnante al conservatorio di Bergamo, Maria Grazia Bellocchio, si è perfezionato con nomi del gotha concertistico internazionale

Ho avuto modo di lavorare approfonditamente con Alfred Brendel e Pavel Gililov, ma anche di conoscere, durante varie masterclass, personaggi come Louis Lortie, Benedetto Lupo, Andrei Gavrilov…

Ricordo che Gavrilov espresse dei giudizi degni di lode…

Gavrilov a Ferrara fu eccessivamente generoso con me, ma ricordo vividamente le sue lezioni. Personaggio geniale e sregolato: mi ha dato molto a cui pensare.

Appena diciottenne vinse anche l’ Heinrich Neuhaus di Mosca

Già, un’altra occasione felice! Era il mio primo concorso fuori dall’Italia, nella città madre di tanti grandissimi pianisti. La giuria era composta da concertisti stupendi, molti dei quali allievi di Neuhaus in persona, e il livello era molto alto. Al tempo non avevo avuto molto successo in concorsi anche più piccoli in Italia e questa vittoria improvvisa fu davvero molto significativa per me.

Nel frattempo si dedica anche a valide incisioni discografiche come le “Variazioni Diabelli”

È stato il mio primo disco, uscito ad agosto dell’anno passato per Alpha Classics. Le Variazioni Diabelli sono state finora l’opera più importante nel mio percorso e sono stato felicissimo di poterle incidere. La fortuna che ha incontrato il disco poi è stata sorprendente: Diapason d’Or in Francia, e recensioni stellari su The Guardian, Le Monde, BBC Music Magazine…

Ci parli della sua esperienza nell’incidere questo disco

Molto appagante. Avevo a disposizione un ottimo Steinway e la sala del Beethovenhaus di Bonn. Ho lavorato quattro giorni con il tecnico Ken Yoshida. Fissare con precisione l’interpretazione di un brano, cercando di non perdere la tensione originaria che è presente in un’esecuzione dal vivo, è stata una sfida nuova ed entusiasmante.

Si dedica anche alla musica contemporanea?

Sì, dalla mia insegnante Maria Grazia Bellocchio ho ereditato moltissimo il bisogno di suonare e far conoscere la musica dei nostri giorni. Trovo lo studio della musica contemporanea entusiasmante quanto quello della musica dei grandi del passato, oltre che illuminante per vedere e sentire in modo fresco la musica antica che altrimenti rischia di stagnare.

Come ha scoperto il suo talento musicale?

In famiglia, mio padre aveva studiato pianoforte da giovane e mio fratello maggiore, ora matematico, aveva già cominciato a studiare da qualche anno: è stato naturale che cominciassi anch’io. Ero bravino, ma da piccolo ancora non molto interessato: intorno agli anni delle medie invece mi sono davvero appassionato e ho iniziato un percorso molto più serio.

Passioni oltre alla musica?

Molte, forse troppe! Vado spesso a vedere mostre d’arte, anche contemporanea. Mi piace leggere e ho sempre amato moltissimo la matematica e la tecnologia.