A colloquio con… Ivano Battiston

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A colloquio con… Ivano Battiston

Come nasce in un bambino l’amore per la fisarmonica?

La fisarmonica è entrata nella mia vita ancor prima della scuola dell’obbligo.
I miei genitori, infatti, mi regalarono un piccolo strumento con i tasti colorati quando avevo solo cinque anni. Il giocattolo mi appassionò a tal punto che in poco tempo imparai non soltanto le canzoncine del libretto allegato ma, ad orecchio, anche i brani di mio gradimento che ascoltavo nelle più disparate occasioni.
Più tardi iniziai lo studio regolare della musica e alle note colorate sostituii la notazione convenzionale.

Quale è l’età migliore per indirizzare un giovane allo studio di questo strumento?

A mio avviso, prima s’inizia meglio è! Ci sono fisarmoniche di tutte le “taglie” e questo permette l’avvicinamento allo strumento anche in età prescolare.

È mai stato tentato di orientarsi verso il folclore, o meglio verso il liscio?

La mia prima formazione è stata soprattutto di questo tipo! Nei primi anni Sessanta dello scorso secolo lo strumento era carente sia di letteratura concertistica che didattica. Il repertorio popolare rappresentava quindi una scelta obbligata.

Certamente gli insegnamenti del suo maestro, il grande Salvatore di Gesualdo, devono aver influito enormemente

Direi proprio di si, soprattutto da un punto di vista ideologico. Ma mi piace ricordare anche Hugo Noth, caposcuola dei fisarmonicisti tedeschi della mia generazione. Verso la fine degli anni Settanta, quando cominciai a suonare il fagotto in alcune importanti orchestre e sotto la direzione di affermati direttori, ci fu infatti un po’ di disinnamoramento nei confronti del mio primo strumento, il cui suono mi sembrava molto meno bello di quello orchestrale.
Grazie agli incontri con questi due grandissimi capiscuola mi resi conto che non è lo strumento a fare il concerto ma chi lo suona!
La dimensione orchestrale della fisarmonica, la piena responsabilità interpretativa e il pionierismo sono le principali motivazioni che mi hanno spinto a scegliere questo arnese e che continuano ad appassionarmi.

Una bella emozione reggere a Firenze la stessa cattedra di di Desualdo, il primo che ha spiegato le caratteristiche della fisarmonica sul dizionario della musica e dei musicisti Utet

In verità la scuola di fisarmonica presso il Conservatorio Cherubini è stata fondata dal sottoscritto. Di Gesualdo ha sempre insegnato composizione per la didattica. Bisogna però non dimenticare che il suo carisma e la sua genialità hanno creato il terreno ideale per l’istituzione della cattedra, seconda dopo quella di Pesaro, nell’anno accademico 1992/1993.

Tra le sue attività anche quella di compositore

Forse a vent’anni non avrei mai pensato di dedicare così tanto tempo alla composizione e di ricevere una commissione perfino dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia! Questo perché quando nei primi anni Ottanta iniziai a studiare la composizione con Bruno Coltro, allievo prediletto di Gian Francesco Malipiero, l’obiettivo era quello di poter comprendere in modo approfondito l’aspetto della costruzione musicale e non certo quello di diventare compositore.
Oggi il mio catalogo comprende un centinaio d’opere e centinaia di adattamenti e trascrizioni per i più disparati organici.

Dal suo curriculum si legge che ama “dialogare” col suo strumento con altri suonati da grandi interpreti

La musica da camera mi ha sempre appassionato e cimentarmi in questo ambito con uno strumento che nel passato non aveva certo un repertorio di questo tipo è stata sempre una sfida avvincente. Spero con il mio lavoro di aver contraddetto la famosa espressione di Casella e Mortari che nel loro trattato “La tecnica dell’orchestra contemporanea” così sentenziavano a proposito della fisarmonica: «mezzo fonico che non si amalgama con nessun altro istrumento o complesso orchestrale».

Cosa si può fare per espandere nei giovani e nelle scuole l’amore per la fisarmonica?

Ad attrarre molti giovani verso questo arnese è forse la sua caratteristica più spiccata: la possibilità di manipolare e plasmare il suono con un mezzo sonoro polifonico che sembra fondersi con l’esecutore stesso. Sono quindi i bisogni di soddisfare le pulsioni emotive e di ritrovare gli archetipi dell’istintività, nell’epoca dello «sciocco – velocissimo» e impersonale computer, a trovare nella fisarmonica un mezzo privilegiato.