A colloquio con… Stefano Bollani

Home / Interviste / A colloquio con… Stefano Bollani
A colloquio con… Stefano Bollani

Come nasce nella tua mente il percorso musicale partendo da pochissime note?

In maniera simile a come nasce una frase. Ad esempio come nasce questa mia risposta: mi lancio in un inizio e poi vedo che succede. In pratica, costruisco un ponte e intanto, mano a mano che è pronto, ci passo sopra.

Hai mai pensato di creare una scuola di jazz per trasmettere ai giovani questa tua maestria?

Lo ammetto: non ho mai pensato a questa possibilità. Ci sarebbe da lavorare parecchio per metterla in piedi e sarebbe molto poco ortodossa.

Hai lavorato con il gotha della musica pop e jazz. Un aneddoto di un grande artista…

Pat Metheny, il grande chitarrista americano, è molto serio e scrupoloso. Spesso, finito un concerto, si rinchiudeva tre ore a studiare il suo strumento in una camera d’hotel. Quando usciva, trovava me e Antonello Salis a bere con altri amici in cortile.

Tra i numerosi premi internazionali ce n’è uno al quale sei particolarmente affezionato?

Nel 2007 sono stato votato fra i migliori musicisti dell’ anno dalla rivista Allaboutjazz di New York. Era divertente verificare che, tranne Sonny Rollins e il sottoscritto, gli altri erano tutti deceduti da tempo. Secondo loro non importava essere vivi per aver lasciato un segno nell’ambiente musicale. Teoria che appoggio in pieno. Uscendo fuori tema della domanda aggiungerei che basta fare distinzioni ingiuste fra chi è vivo e chi è morto….